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Afghanistan, la minaccia del cambiamento climatico che ha favorito i Talebani
In Afghanistan, dal 1950, si è assistito ad una crescita progressiva della temperatura media annuale (aumentata di 1,8 °C), che ha determinato una riduzione dei ghiacciai del Paese del 13%. Inoltre, negli ultimi trenta anni, le precipitazioni sono diventate gradualmente sempre più instabili, con un aumento dei fenomeni di pioggia intensa invernali tra il 10% e il 25% ed una contestuale diminuzione di quelle primaverili. Inoltre, il Paese è stato interessato da periodi di siccità sempre più numerosi e lunghi: se dapprima si verificavano ogni sette anni, oggi ogni tre o quattro anni. A peggiorare la situazione, i conflitti e il vuoto di potere provocati da quarant’anni di guerra ininterrotta hanno portato alla distruzione delle poche infrastrutture idriche, energetiche e di trasporto costruite prima dell’invasione sovietica alla fine degli anni Settanta. In una realtà come quella afghana, dove si alternano siccità e precipitazioni estreme, non avere un sistema idrico efficiente significa condannare un’intera popolazione, che dipende per l’85% dalla produzione agricola.
L’agricoltura costituisce infatti la principale fonte di reddito per più del 60% degli afghani, occupando circa il 44% della popolazione. Di tutta la superficie del Paese, solo il 3,8% è coltivato e costantemente irrigato, di questo meno del 10%…