Italia in fiamme. L’impatto dei cambiamenti climatici sugli incendi
Ininterrotte le attività dei vigili del fuoco dei comandi di Gorizia, Pordenone, Udine e Trieste che cercano di domare il vasto incendio di interfaccia e boschivo che da ieri (19 luglio 2022) arde sul Carso. Caso limitato? Assolutamente no. L’Italia sta letteralmente bruciando. Nel solo 2021 gli incendi hanno divorato 150 mila ettari di territorio. E già le statistiche di giugno 2022 evidenziano un numero di roghi superiori a giugno 2021. Dati sconcertanti che fanno riflettere sull’impatto che cambiamento climatico e umana noncuranza hanno sul Belpaese: secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, istituto di ricerca del ministero della Transizione ecologica, il 28% del territorio italiano è a rischio desertificazione con conseguenze sempre più pesanti a livello di perdita di qualità degli habitat, erosione del suolo, frammentazione del territorio e densità delle coperture artificiali. Le regioni più minacciate si trovano al Meridione. «In Sicilia le aree che potrebbero essere interessate da desertificazione sono addirittura il 70% ‒ avverte il direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche, Mauro Centritto ‒ in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%». Il Nord non è al riparo dal fenomeno, infatti numerose ricerche evidenziano un continuo peggioramento dello stato di fiumi e laghi, con una situazione particolarmente critica nell’area del bacino Padano ‒ Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto ‒ dove la siccità del Po sta toccando livelli record. I dati IPSOS parlano di un calo rispetto alla media stagionale del 60% per quanto riguarda la pioggia e addirittura dell’80% per la neve, con una conseguente sofferenza per gli invasi di acqua. Uno dei tanti campanelli d’allarme di un clima che sta cambiando, e non in meglio.
Entro la fine di questo secolo, si prevedono aumenti delle temperature tra 4 e 6 gradi e una significativa riduzione delle precipitazioni: una combinazione fatale che genererà una forte aridità. Ciò che è interessante evidenziare è che, per mitigare ‒ o fermare completamente ‒ gli effetti dei cambiamenti climatici “basterebbe” cambiare per tempo la nostra politica energetica; per avere una qualche possibilità di fermare l’inaridimento estremo questo però non sarebbe sufficiente, visto che a determinare il fenomeno contribuiscono significativamente anche altre dinamiche.
L’insieme dei fattori sopra elencati sta infatti rendendo l’Italia una Dust Bowl: da dust, polvere, e bowl, conca. Si tratta di un fenomeno diverso dalla desertificazione perché anche i più estremi deserti sono comunque degli ecosistemi, mentre le conche di polvere costituiscono a tutti gli effetti un punto di non ritorno.
Una situazione drammatica, spinta dal cambiamento climatico, che genera un vero e proprio circolo vizioso distruttivo, caratterizzato da incendi sempre più frequenti e intensi, i quali a loro volta causano crescenti emissioni di C02 che accentuano tutti i fattori coinvolti nella cosiddetta “Dust Bowlification”.
Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports guidato dall’Università di Barcellona, con un importante contributo italiano dell’Università del Salento e dell’ESRIN, il Centro europeo per l’osservazione della Terra di Frascati dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). I ricercatori hanno evidenziato come l’aumento delle condizioni meteorologiche favorevoli allo scatenarsi d’incendi non costituisca un fenomeno nuovo: dal 1980 fino al 2020, esso ha continuato a variare, raggiungendo livelli d’allerta mai visti. Ciò soprattutto durante l’estate, stagione in cui le condizioni meteorologiche complessive presentano il rischio più elevato di episodi incendiari. Una stagione che sta progressivamente diventando sempre più lunga e calda. Infatti, un altro dei fattori sottolineati dalla ricerca riguarda la possibilità che il cambiamento climatico vada a incidere in modo ulteriore estendendo la “durata” delle stagioni a rischio incendio.
In pericolo sono tutte le foreste del continente europeo, prezioso polmone verde capace di assorbire ogni anno circa il 10% del totale delle emissioni di gas serra, catturando circa 360 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. In caso d’incendio questo “serbatoio” di carbonio sarebbe irrimediabilmente perso e si riverserebbe nell’ambiente con conseguenze disastrose.
Per questa ragione agire ora è quanto mai fondamentale, altrimenti la nuova Strategia Forestale Europea, che propone di mantenere una riduzione annuale di almeno 310 milioni di tonnellate di CO2 grazie al settore forestale e agricolo entro il 2030, rischia di essere del tutto inefficace, ritrovandosi senza ecosistemi da salvaguardare ma solo da rimpiangere.
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Articolo pubblicato su Treccani: https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/Italia_fiamme.html