Le microplastiche sono ormai, letteralmente, parte di noi

Stefano Cisternino
4 min readSep 21, 2022

L’inquinamento da plastica è uno dei principali problemi ambientali. Ogni anno vengono prodotte oltre 300 milioni di tonnellate di plastica, e di queste almeno 14 milioni di tonnellate finiscono negli oceani. Non solo inquinano l’ambiente, danneggiando la vita marina, ma, decomponendosi in microplastiche, causano danni ad ambiente e salute a livello mondiale. Secondo la definizione dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA), le microplastiche sono frammenti di qualsiasi tipo di plastica dalle dimensioni comprese tra 0,33 e 5 millimetri. Possono essere frammenti di praticamente ogni prodotto di uso quotidiano: dagli indumenti alle bottiglie per l’acqua, dalle reti da pesca ai contenitori per alimenti e persino cosmetici e pneumatici. Come tutta la plastica, le microplastiche non sono biodegradabili, e prima che vengano scomposte possono passare centinaia di anni.

Gli scienziati hanno rilevato la presenza di microplastiche vicino alla vetta del Monte Everest, nella Fossa delle Marianne e persino nelle feci dei bambini. Ma ora i ricercatori hanno trovato un nuovo vettore per le microplastiche: il sangue umano. Secondo un articolo pubblicato su Environment International, i ricercatori hanno trovato plastica nel sangue di 17 dei 22 partecipanti allo studio, ovvero circa il 77% del campione. «Il nostro studio offre la prima indicazione di presenza di particelle polimeriche nel sangue: è un risultato rivoluzionario» ha dichiarato l’autore dello studio Dick Vethaak, ecotossicologo presso la Vrije Universiteit di Amsterdam nei Paesi Bassi a Damian Carrington del Guardian. I risultati supportano l’ipotesi che l’esposizione umana alle microplastiche presenti nell’ambiente comporti l’assorbimento delle stesse particelle da parte dell’organismo e quindi la loro presenza nel flusso sanguigno. Il polietilene tereftalato (PET), comunemente usato per le bottiglie dell’acqua usa e getta, è il polimero plastico risultato più diffuso e presente in circa il 50% dei soggetti partecipanti. Il secondo più comune, il polistirene (PS), utilizzato per gli imballaggi alimentari, mentre il polistirolo espanso è stato trovato in circa il 36%. A tal riguardo, il ricercatore ha aggiunto che «è certamente ragionevole essere preoccupati». Una preoccupazione confermata anche da altri studi, come quello condotto presso l’Università di Hull, nel Regno Unito, il quale ha mostrato quanto possano essere invasive le particelle volatili: gli scienziati si aspettavano di trovare fibre plastiche nei polmoni dei pazienti sottoposti a interventi chirurgici, ma sono rimasti sorpresi dal trovarne in grandi quantità, di varie forme e misure, in profondità nel lobo polmonare inferiore. Una delle fibre individuate era lunga ben 2 millimetri.

Le microplastiche ci circondano, e l’esposizione umana a queste particelle a causa della loro presenza nell’aria, nell’acqua, negli alimenti, nei prodotti per la cura personale, come dentifricio o lucidalabbra, polimeri dentali, parti di impianti che potrebbero essere ingeriti accidentalmente o residui di inchiostro per tatuaggi, può avvenire per inalazione, ingestione e assorbimento cutaneo. Gli scienziati ritengono che ogni giorno sia possibile ingerire da alcune decine a più di 100.000 particelle di microplastica ‒per rendere l’idea, si tratta di circa l’equivalente della massa di una carta di credito nell’arco di un anno. Anche gli indumenti sintetici che indossiamo possono disperdere fibre ‒ alcuni studi hanno rivelato che i tessuti sono la principale fonte di microplastiche trasportate dall’aria. Oggi il nucleo del problema non sta più nell’individuare dove siano le microplastiche, ma di fermare la loro diffusione e limitarne i danni per la salute: «Quando ho iniziato a fare questo lavoro, nel 2014, gli unici studi in corso riguardavano l’individuazione delle microplastiche nelle varie aree geografiche», spiega Alice Horton, scienziata marina del National Oceanography Center del Regno Unito, specializzata in inquinamento da microplastiche. «Adesso possiamo smettere di cercare. Sappiamo che sono ovunque».

Nonostante le implicazioni per la salute non siano ancora del tutto note, alcuni studi mostrano che le particelle di plastica possono viaggiare all’interno del corpo e depositarsi negli organi. Si pensa che possano agire come irritanti, proprio come le fibre di amianto che, come è noto, infiammano i polmoni e causano il cancro. Si ritiene inoltre che le microplastiche possano fungere da vettori per microrganismi e sostanze chimiche tossiche, con ulteriori rischi per la salute. Le ricerche hanno dimostrato il potenziale di disturbi metabolici, neurotossicità ed effetti cancerogeni. È stato dimostrato anche che le microplastiche possono agire come interferenti endocrini, compromettendo la normale funzione ormonale e causando potenzialmente un aumento di peso. Si ritiene inoltre che alcune microplastiche, ad esempio i ritardanti di fiamma, interferiscano con lo sviluppo cerebrale del feto e, allo stesso modo, possano influire sul normale sviluppo cerebrale dei bambini.

Nel 2020 sono state prodotte 367 milioni di tonnellate di plastica, una quantità destinata a triplicarsi entro il 2050. «Si tratta di un dato allarmante, perché ci troviamo immersi in questo problema e ancora non ne comprendiamo le conseguenze, e sarà molto difficile fare marcia indietro in caso di necessità», conclude Janice Brahney, esperta di biochimica presso la Utah State University.

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Link: https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/Le_microplastiche_sono_ormai.html

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Stefano Cisternino
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Written by Stefano Cisternino

I am an environmental journalist and Junior Europroject Officer specialised in eco-education. I write about geopolitics and environmental issues

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